06 Nov EDILIZIA – Illecito arresto di un procedimento amministrativo e risarcimento del danno.
Interessante sentenza del Consiglio di Stato (943-2017), che ha statuito sul risarcimento del danno ricollegabile all’illegittima interruzione di un procedimento di approvazione del SUAP, inerente la realizzazione di un nuovo insediamento produttivo.
La vicenda, piuttosto articolata, è cosi riassumibile. A seguito dell’approvazione di un progetto autostradale, un’azienda operante nel settore della produzione asfalto e calcestruzzo chiedeva lo spostamento della propria attività in una nuova area, destinata a zona agricola. Veniva presentata istanza per la realizzazione di un nuovo insediamento produttivo alla competente amministrazione comunale, con variante allo strumento urbanistico. Ottenuta la delibera di assenso a quest’ultima, e anticipati gli oneri di urbanizzazione, il progetto veniva positivamente sottoposto a VAS. Seguiva la valutazione finale in Conferenza di Servizi, che tuttavia segnalava l’incompatibilità ambientale dell’attività svolta col Piano provinciale dei rifiuti. Il Comune, richiamando questo elemento ostativo, procedeva quindi a respingere l’istanza. L’azienda impugnava davanti al giudice amministrativo tali atti negativi, ed il ricorso veniva accolto dal TAR, e confermato dal Consiglio di Stato.
Seguiva la richiesta di dare esecuzione alla pronuncia giudiziale, ma il Comune si opponeva, evidenziando, fra l’altro, come nelle more del contenzioso fossero stati approvati il nuovo Piano di Governo del territorio comunale e quello di coordinamento con la Provincia. In altre parole, sarebbe stato necessario riattivare ex novo l’intera procedura, con presupposti diversi. L’azienda, nel frattempo posta in liquidazione, impugnava nuovamente davanti al TAR le citate delibere di approvazione, chiedendo al contempo l’ottemperanza dell’amministrazione al giudicato formatosi con la prima sentenza, oltre il risarcimento del danno. Quest’ultimo comprendeva il maggior costo della realizzazione del complesso produttivo, le perdite per impossibilità di conseguire commesse stante l’indisponibilità degli impianti, la crisi di liquidità conseguente, la lesione dell’immagine della ditta, le spese sostenute per la procedura amministrativa e quelle per l’acquisto del terreno, ed infine i mancati guadagni.
A seguito della pronuncia interamente negativa su quanto lamentato davanti al tribunale amministrativo regionale, l’azienda ricorreva una seconda volta al Consiglio di Stato.
In questa sede, e per quanto interessa, la sentenza viene parzialmente riformata, riconoscendo all’azienda quantomeno un risarcimento parziale, pari ai costi già sostenuti e una somma equitativa sui mancati ricavi da perdita di chance. La motivazione fa leva sul cd.legittimo affidamento, maturato in capo all’azienda per la conclusione positiva del procedimento amministrativo a suo tempo attivato.
Il successivo provvedimento ostativo, risultato poi illegittimo, aveva ingenerato una responsabilità in capo all’amministrazione comunale. Senza tale reiezione, il bene della vita sperato dall’azienda (lo spostamento dell’impianto produttivo) sarebbe stato conseguito, stando alle risultanze dei procedimenti sino a quel momento svolti. E ciò a maggior ragione, se si considera che nell’esercizio della potestà pianificatoria, attivata nelle more del contenzioso, l’amministrazione non aveva nemmeno proceduto a rinnovare le valutazioni poste alla base del primario diniego, causa dell’illegittimo danneggiamento all’azienda istante.
Avv.Gabriele Cerofolini
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