03 Apr LAVORO – Rischio specifico improprio e risarcimento del danno.
Un infortunio sul lavoro è indennizzabile anche nelle ipotesi del cd.rischio improprio.
In queste ultime, il sinistro occorso non è intrinsecamente connesso alla svolgimento delle mansioni tipiche svolte dal dipendente, ma è comunque riconducibile ad attività preparatorie, strumentali e connesse al soddisfacimento delle esigenze lavorative, con irrilevanza del carattere occasionale del relativo rischio. Esso non è pertanto strettamente insito nell’atto materiale della prestazione, ma è collegato alla prestazione stessa. La giurisprudenza si è espressa molte volte sul punto, rilevandone la sussistenza per gli incidenti occorsi durante la locomozione interna ai luoghi di impiego, nelle attività prodromiche al lavoro stesso ed in quelle di prevenzione, nelle pause fisiologiche e nelle attività sindacali.
In una sentenza del Marzo us (Cass.civ.5066/2018), i giudici di legittimità hanno stabilito come anche lo stress lavorativo causato da un numero elevatissimo di ore di lavoro straordinario rientri nella categoria del “rischio improprio”, e come tale debba essere adeguatamente indennizzato.
La vertenza riguardava il mancato risarcimento per una dipendente, che a causa della mole di straordinario espletato aveva contratto una vera e propria malattia professionale, consistente in un grave disturbo dell’adattamento con ansia e depressione. Nel secondo grado di giudizio non era stato tuttavia riconosciuto alcun indennizzo, non essendo la malattia annoverata nell’ambito del rischio assicurativo INAIL contenuto nel Testo Unico delle disposizioni per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali (DPR 1124/1965).
La Cassazione però censura tale decisione, ricordando come “ nell’ambito del sistema del TU, sono indennizzabili tutte le malattie di natura fisica o psichica la cui origine sia riconducibile al rischio del lavoro, sia che riguardi la lavorazione, sia che riguardi l’organizzazione del lavoro e le modalità della sua esplicazione; dovendosi ritenere incongrua una qualsiasi distinzione in tal senso, posto che il lavoro coinvolge la persona in tutte le sue dimensioni, sottoponendola a rischi rilevanti sia per la sfera fisica che psichica”, e che pertanto “ogni forma di tecnopatia che possa ritenersi conseguenza di attività lavorativa risulta assicurata all’INAIL, anche se non è compresa tra le malattie tabellate o tra i rischi tabellati, dovendo in tale caso il lavoratore dimostrare soltanto il nesso di causa tra la lavorazione patogena e la malattia diagnosticata”.
Il ricorso della lavoratrice è stato cosi accolto, con cassazione della sentenza e nuovo rinvio in appello per le statuizioni sulla rendita da inabilità permanente, dovuta per la contrazione della malattia.
Avv.Gabriele Cerofolini Bandinelli
Desideri approfondire l’argomento o hai bisogno di una consulenza ?
No Comments