23 Set URBANISTICA – Nullità testuale e conformità urbanistica. L’intervento delle Sezioni Unite.
Importante arresto della Suprema Corte (Cass.civ.SSUU 8230/2019) che ha fatto chiarezza su un argomento molto complesso e dibattuto, quello della mancanza di conformità urbanistica e delle conseguenze sulla commercializzazione degli immobili, già trattato a suo tempo (http://www.cernaialegale.it/2017/05/16/conformita-urbanistica-compravendita/).
Sulla nullità comminata sia dalla Legge 47/85 (art.40 co.2) che dal TU Edilizia per i fabbricati realizzati dopo il 17.3.1985 (art.46), si erano susseguiti una serie di orientamenti giurisprudenziali ondivaghi, da un lato tesi a valorizzare il contenuto letterale delle norme, deponendo per una nullità “formale” o “testuale” da assenza di dichiarazioni sugli estremi abilitativi; dall’altro, la concreta presenza di difformità urbanistico-edilizie (cd. nullità “sostanziale”), causa invalidante degli atti di disposizione sugli immobili.
Nella pratica ed in via prudenziale, si tendeva ad allinearsi a quest’ultimo, richiedendo la perfetta regolarità urbanistico-catastale (vedi anche DL.78-2010 – L.122.2010) prima di procedere col rogito. E questo non senza aggravi e limitazioni alla libera circolazione dei beni.
La Cassazione compone il contrasto giurisprudenziale, affermando i seguenti principi: “La nullità comminata dal D.P.R. n. 380 del 2001, art. 46, e dalla L. n. 47 del 1985, artt. 17 e 40, va ricondotta nell’ambito dell’art. 1418 c.c., comma 3, di cui costituisce una specifica declinazione, e deve qualificarsi come nullità “testuale”, con tale espressione dovendo intendersi, in stretta adesione al dato normativo, un’unica fattispecie di nullità che colpisce gli atti tra vivi ad effetti reali elencati nelle norme che la prevedono, volta a sanzionare la mancata inclusione in detti atti degli estremi del titolo abilitativo dell’immobile, titolo che, tuttavia, deve esistere realmente e deve esser riferibile, proprio, a quell’immobile.” “In presenza nell’atto della dichiarazione dell’alienante degli estremi del titolo urbanistico, reale e riferibile all’immobile, il contratto è valido a prescindere dal profilo della conformità o della difformità della costruzione realizzata al titolo menzionato”.
Viene quindi esaltata l’interpretazione letterale delle disposizioni suindicate, con notevole mitigazione delle conseguenze legate alle difformità sussistenti fra lo stato “di fatto” e lo stato “autorizzato”, che potranno eventualmente essere oggetto di tutela attraverso le cd.azioni edilizie (redibitoria ed estimatoria).
In conclusione, mentre la nullità del contratto è comminata per il solo caso della mancata inclusione degli estremi del titolo abilitativo, l’interesse superindividuale ad un ordinato assetto di territorio resta salvaguardato dalle sanzioni amministrative, e nel caso degli abusi più gravi, dal provvedimento ripristinatorio della demolizione.
“Tale approdo ermeneutico, che ha il pregio di render chiaro il confine normativo dell’area della non negoziabilità degli immobili, a tutela dell’interesse alla certezza ed alla sicurezza della loro circolazione, appare, quindi, al Collegio quello che meglio rappresenta la sintesi tra le esigenze di tutela dell’acquirente e quelle di contrasto all’abusivismo: in ipotesi di difformità sostanziale tra titolo abilitativo enunciato nell’atto e costruzione, l’acquirente non sarà esposto all’azione di nullità, con conseguente perdita di proprietà dell’immobile ed onere di provvedere al recupero di quanto pagato, ma, ricorrendone i presupposti, potrà soggiacere alle sanzioni previste a tutela dell’interesse generale connesso alle prescrizioni della disciplina urbanistica.”
Avv.Gabriele Cerofolini Bandinelli
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