19 Ago URBANISTICA – Condono e agibilità, i requisiti restano distinti.
Spesso si ritiene che un immobile condonato abbia tutte le qualità per ottenere dall’amministrazione la cd. agibilità in deroga.
In proposito, l’art.35 della Legge 47/1985 (Legge sul primo condono edilizio) prevede che a seguito della concessione o autorizzazione in sanatoria venga altresì rilasciato il certificato di agibilità o abitabilità, anche in deroga ai requisiti fissati da norme regolamentari.
Tuttavia, non c’è nessun automatismo. La disposizione contempla un’eccezione valevole per le sole norme di carattere secondario (es. regolamenti edilizi comunali), e non per le fonti primarie come il D.M. 05.07.1975, relativo agli standard igienico sanitari di superficie minima, illuminazione ed areazione dei locali. Sebbene il citato decreto ministeriale abbia anch’esso carattere regolamentare, la giurisprudenza (ex plurimis, Cons.Stato sent.6091/2021) è ferma nel considerarlo quale diretta attuazione degli articoli 218 e 221 del R.D. 1265/1934 (Testo Unico Leggi Sanitarie). Questa norma secondaria rappresenta dunque il generico imperativo della norma primaria, fissando i minimi inderogabili per la tutela della salute e sicurezza degli ambienti. Conseguentemente, la verifica dell’abitabilità non può prescinderne, e deve quindi escludersi che l’art.35 della Legge 47/1985 contenga una deroga generale ed indiscriminata alle norme che presidiano i requisiti di salubrità degli edifici.
Ma v’è di più: gli standard e le procedure da rispettare per conseguire o certificare l’agibilità di un immobile debbono necessariamente guardare al presente, e non alla normativa in vigore al momento della domanda di condono, o all’affidamento riposto nel lasso temporale trascorso dalla sua definizione.
Attualmente, la sussistenza delle condizioni di sicurezza e agibilità viene attestata mediante Segnalazione Certificata (S.C.A.), secondo i dettami degli articoli 24 e ss. del D.P.R. 380/2001 (Testo Unico dell’Edilizia). In una controversia giunta recentemente a sentenza, un privato aveva impugnato il provvedimento di improcedibilità della pratica S.C.A. relativa ad un fabbricato unifamiliare, avente altezze interne inferiori ai 2,70 ml previsti dal D.M. 05.07.1975, ma condonato con due domande del ’85 e ’94, entrambe definite nel lontano 2002. Sempre ai fini dell’abitabilità, si postulava poi la cogenza del procedimento ex art.4 D.P.R. 425/1994 (nel frattempo abrogato dal T.U. Edilizia), ovvero l’ottenimento della stessa mediante silenzio assenso, serbato dall’amministrazione per oltre 45 giorni.
Sulla base di tali assunti, il rilascio dell’agibilità avrebbe rappresentato in primis il momento conclusivo e perfezionante delle due domande di condono, già da molto tempo definite. In ipotesi, la dichiarazione di improcedibilità della S.C.A. sarebbe stata tardiva, essendo intervenuta dopo i 45gg previsti dal D.P.R. 425/1994.
Nel rigettare il ricorso, con la sent. 3705/2023 il TAR Campania ha ribadito quanto segue :
i- l’aver ottenuto il condono non può dar luogo ad un legittimo affidamento circa il sicuro rilascio del certificato di agibilità, ben potendo un edificio essere conforme (poiché sanato) alla disciplina urbanistica ed edilizia, ma carente delle condizioni di salubrità ed abitabilità ex D.M. del 1975 ;
ii- la vigenza della disciplina ex D.P.R. 380/2001 secondo il principio del “tempus regit actum”, che impone all’amministrazione di adottare un provvedimento in base alla legge cogente al momento della sua adozione ;
iii- il tempo trascorso fra il rilascio della sanatoria edilizia e la presentazione della richiesta di agibilità dell’immobile non è un elemento idoneo a derogare al principio di legalità, e dunque, l’eventuale affidamento riposto sulla concessione dell’agibilità stessa è illegittimo e non tutelabile.
Avv.Gabriele Cerofolini Bandinelli
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