27 Feb LAVORO – Malattia, comporto e licenziamento del lavoratore.
Durante la malattia, il lavoratore ha diritto di conservare il posto di lavoro per un determinato periodo temporale (cd.comporto), che varia a seconda del CCNL di riferimento. Superato tale limite massimo di tollerabilità dell’assenza, il datore di lavoro potrà procedere al licenziamento con elargizione di un’indennità e del TFR.
Un’alternativa per il prolungamento del periodo di malattia è quello di ricorrere all’aspettativa non retribuita per motivi di salute, ma senza ricevere alcun trattamento economico. In ogni caso, la durata dell’aspettativa non sarà da computarsi nel calcolo relativo al massimale di comporto stabilito dalla contrattazione collettiva.
Se la malattia deriva da infortunio in itinere o sul lavoro, le cose cambiano. La giurisprudenza di legittimità tende ad escludere dal comporto quelle assenze derivanti da malattie professionali contratte in “occasione del lavoro”. Conseguentemente, per mancanza di sicurezza nelle mansioni svolte dal dipendente, per i rischi connessi ad attività strumentali e preparatorie dei compiti assegnati, ma anche nel caso di infortuni subiti nei normali tragitti verso o sul luogo di lavoro, si avrà diritto alla conservazione del posto fino alla completa guarigione clinica.
Tutte le fattispecie elencate incontrano alcune eccezioni, che legittimano sempre il datore a recedere dal rapporto di lavoro col dipendente, ancorchè ammalato.
Si tratta del licenziamento per giusta causa, che ben può avvenire, ad esempio, per ripetute assenze alle visite fiscali di controllo anche in costanza di malattia (Cass.civ.64-2017).
Il datore può inoltre licenziare il lavoratore per giustificato motivo oggettivo, ovvero per ragioni inerenti l’attività produttiva e la riorganizzazione aziendale. In quest’ultimo caso, tuttavia, gli effetti del recesso rimarranno sospesi sino alla guarigione del dipendente.
Avv.Gabriele Cerofolini
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