16 Ago LAVORO E SICUREZZA – Alterazione di un macchinario omologato e sanzione disciplinare
La modifica arbitraria di un macchinario e della propria postazione di lavoro, senza dare informazioni né ai responsabili né agli enti aziendali preposti, può costare al lavoratore una sanzione disciplinare.
Della vicenda si è occupata la Cassazione (ordinanza n.22011/2024), che rigettando il ricorso di una impiegata metalmeccanica, ha confermato non solo la sospensione di tre giorni dal lavoro e dalla retribuzione, ma ha anche condannato la dipendente alla rifusione delle spese di giudizio ed al raddoppio del contributo unificato.
Nei primi due gradi di giudizio era stata sancita la legittimità di un provvedimento disciplinare, comminatole ai sensi dell’art.9 del contratto collettivo per plurime violazioni dell’art.20 TU sulla Sicurezza, che definisce gli obblighi del lavoratore necessari a impedire il verificarsi di eventi dannosi per la salute e la sicurezza sul luogo di lavoro, puniti con sanzioni amministrative o penali.
La dipendente aveva chiesto la riforma della sentenza di appello, in ragione della non conoscenza del precetto normativo, della buona fede tenuta nell’apportare le modifiche al macchinario (a suo avviso, migliorative), dell’assenza di specifica formazione per il suo funzionamento, e della mancata comunicazione del divieto di intervenire sull’apparecchio.
Tuttavia, la Suprema Corte ha considerato non solo irrilevante l’ignoranza mostrata verso la disposizione di legge, ma ha ritenuto corretta l’interpretazione e applicazione datane dal giudice di gravame.
In quella sede, era stato accertato come la dipendente, operaia di terzo livello con anzianità di servizio ultraventennale, avesse arbitrariamente e senza consultare nessuno, alterato in maniera sostanziale l’assetto del macchinario al quale lavorava, nell’ambito di una linea di produzione a ciclo continuo, omologata in tutte le sue caratteristiche, e quindi non modificabile. Quanto apprestato dalla lavoratrice violava gli obblighi ex art.20 Dlgs 81/2008, ed ai fini dell’illegittimità della condotta colposa contestata, era irrilevante sia la conoscenza della citata disposizione normativa, sia l’assenza di specifica formazione sull’uso della macchina. La consapevolezza di non poter modificare a proprio piacimento l’assetto di un macchinario inserito in un ciclo produttivo, soprattutto senza darne preventiva informazione ai superiori né tantomeno, chiedere e ottenere la loro autorizzazione, non poteva scindersi dalla basilare diligenza esigibile da una lavoratrice, tanto più esperta come la dipendente sanzionata.
Avv.Gabriele Cerofolini Bandinelli
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