16 Ago URBANISTICA – Quando un manufatto può considerarsi precario?
Nell’accezione comune, si è indotti a pensare che un manufatto sia precario qualora manchino opere, più o meno articolate, di infissione al suolo, e che in assenza delle stesse, non vi sia rilevanza ai fini urbanistici.
In proposito, il TU Edilizia (che sul punto, non è stato modificato dal recente Decreto Salva Casa) detta invero una disciplina piuttosto minuziosa.
All’art.3 co.1 lettera e.5), è qualificata come nuova costruzione (comportante una “trasformazione edilizia e urbanistica del territorio”, e richiedente un titolo) l’installazione di “manufatti leggeri, anche prefabbricati, e di strutture di qualsiasi genere, quali roulottes, campers, case mobili, imbarcazioni, che siano utilizzati come abitazioni, ambienti di lavoro, oppure come depositi, magazzini e simili, e che non siano diretti a soddisfare esigenze meramente temporanee”.
Nel successivo art.6 co.1 lettera e-bis), si riconducono nell’attività di edilizia libera “le opere stagionali e quelle dirette a soddisfare obiettive esigenze, contingenti e temporanee, purché destinate ad essere immediatamente rimosse al cessare della temporanea necessità e, comunque, entro un termine non superiore a centottanta giorni comprensivo dei tempi di allestimento e smontaggio del manufatto, previa comunicazione di avvio dei lavori all’amministrazione comunale”.
Da tali previsioni, si possono ipotizzare due criteri per qualificare un’opera come precaria: il criterio strutturale, per il quale è precario ciò che non è stabilmente infisso al suolo, ed il criterio funzionale, che ricollega la precarietà dalla soddisfazione di un’esigenza estemporanea.
La giurisprudenza tende a valorizzare il secondo criterio, e dunque, un’opera potrà anche non essere stabilmente infissa al suolo, ma se viene realizzata per soddisfare esigenze non temporanee, non potrà beneficiare del regime della precarietà. Detto altrimenti, un manufatto semplicemente aderente al suolo, ma alterante lo stato dei luoghi in maniera stabile, non irrilevante e non occasionale, necessiterà di titolo edilizio.
Un concetto recentemente ribadito dal Consiglio di Stato, che in due passaggi della sentenza n.5977/2024, cosi precisa: “la natura precaria di un manufatto, non può, quindi, essere desunta dalla temporaneità della destinazione soggettivamente data all’opera dal costruttore, ma deve ricollegarsi all’intrinseca destinazione materiale di essa a un uso realmente precario e temporaneo, per fini specifici, contingenti e limitati nel tempo, non essendo sufficiente che si tratti eventualmente di un manufatto smontabile e/o non infisso al suolo”. Ed ancora: “la precarietà dell’opera, che esonera dall’obbligo del possesso del permesso di costruire, ai sensi dell’art. 3, comma 1, lettera e. 5, D.P.R. n. 380 del 2001, postula infatti un uso specifico e temporalmente delimitato del bene e non ammette che lo stesso possa essere finalizzato al soddisfacimento di esigenze (non eccezionali e contingenti, ma) permanenti nel tempo. Non possono, infatti, essere considerati manufatti destinati a soddisfare esigenze meramente temporanee quelli destinati a un’utilizzazione perdurante nel tempo, di talché l’alterazione del territorio non può essere considerata temporanea, precaria o irrilevante” (conforme a Consiglio di Stato, sentenza n. 10847/2022).
Avv.Gabriele Cerofolini Bandinelli
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